Storia della Falconeria

De Arte Venandi cum Avibus

Cosa è la falconeria

La falconeria è l’arte di addestrare rapaci e far si che questi caccino per l’uomo. “Nella falconeria non è il falco che caccia con l’uomo, piuttosto l’uomo che che caccia col falco. Il falconiere è sempre subordinato al rapace, lo segue e talvolta lo può aiutare ma spesso è uno spetttatore impotente” – North american falconry and Huntig Hawks – F.L. Beebe; H. Webster.

Un pò di storia ...

La falconeria è probabilmente uno dei più antichi metodi di caccia del mondo. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi, ma è probabile che si sia sviluppata indipendentemente in due o più luoghi diversi: la Cina e la Mesopotamia sono le ipotesi più verosimili. Nei reperti cinesi della dinastia Han (206 a.C.) vi sono disegni e dipinti murali rappresentanti scene di caccia con il falco.

Importanti collegamenti commerciali ne agevolano la diffusione su più direttrici: il mondo arabo, il Kazakistan, la Russia e da qui fino in Cecoslovacchia, Austria, Germania, Italia, Francia e Spagna. L'Europa viene raggiunta soprattutto con le migrazioni germaniche poco prima della fine del IV sec. d.C..

Il guerriero vandalo vede nella falconeria il superamento della violenza e della rudezza della caccia grossa: il massimo grado di astuzia e coraggio frutto di un paziente lavoro su un animale “alto”.

Nel V sec. d.C. arriva a Roma ed è più che altro un semplice passatempo per le classi sociali superiori.

Il filone "europeo" si consolida verso il IX sec. con i Franchi di Carlo Magno mentre nel mondo arabo si afferma nell’VIII sec. e raggiunge straordinari livelli di raffinatezza.

E’ dal XII secolo che la falconeria diviene segno di lignaggio aristocratico e il dono di rapaci fonte di prestigio e rispetto. Nello stesso periodo, i Crociati di ritorno dalla Terra Santa portano in Europa i metodi e le tradizioni arabe tra cui l’uso del cappuccio e e anche falconi e falconieri esperti.

Il lavoro di Federico II (1194-1250) fa si che la falconeria assurga a pieno titolo a Tecnica e Scienza  nel “De Arte Venandi cum Avibus”: raccolta quasi enciclopedica, che sistematizza in maniera organica il sapere dell’epoca  e ancora astremanete attuale. La parola “Ars” al tempo di federico II,  non è un concetto aperto come quello attuale; legato primariamente alla capacità di trasmettere emozioni. L’”Arte” di Federico II è la maestria del fare - “Techne”, attraverso l’osservanza di canoni codificati nel tempo e con una propria tradizione. Il “De Arte Venandi cum Avibus” non deve dunque evocare valori estetico-romantici, quanto piuttosto metodo, disciplina ed esercizio costante di regole definite, codificate e non sperimentali.

La fine del XIII sec.,  è il periodo di massimo splendore: l’usanza di offrire dei falchi al Signore in segno di omaggio e di tributo si diffonde. I sovrani spendono cifre enormi per procurarsi i preziosi animali, pretendendone come tributo o come prezzo di cessione di territori.

La falconeria non rimane prerogativa dei Signori e delle Dame, viene praticata anche da Vescovi e Abati e i falchi sono ammessi in Chiesa durante le sacre funzioni. Nel Book of Alban del XV secolo si associa ciascun rapace a ogni persona avente diritto di cacciare: l’aquila per l’Imperatore, il girfalco per il re, il falco pellegrino per il conte, lo smeriglio per la dama nobile, l’astore per il proprietario di campagna, lo sparviero per il prete.

Celebri per l’allevamento sono le corti degli Sforza a Milano, dei Medici a Firenze, dei Bentivoglio a Bologna, degli Estensi a Ferrara e dei Gonzaga a Mantova.

Tuttavia, il popolo insofferente, inizia sempre più a percepire i rapaci some sinonimo di un potere nemico e distante; a ciò si somma la diffusione  delle armi da fuoco e la nascita di una nuova classe di cacciatori che vedono nei falchi dei temibili concorrenti. Il risultato è l’inizio di una politica di abbattimento selvaggio e il conseguente declino ineluttabile della falconeria.

Negli ultimi trenta anni in molti Paesi la falconeria e la falcofilia si sono andate via via ridiffondendo, forse anche nel desiderio di ristabilire il “vecchio” equilibrio con la Natura.

L’auspicio è quello di una nuova rinascita  in aderenza a quegli insegnamenti e a quelle regole di antica tradizione che ne hanno fatto Patrimonio culturale dell’Umanità (Unesco 2010).